L'instabilità affettiva: sfida alla tenuta di una famiglia

Cari e fedeli lettori, quando don Giuseppe ci ha invitato a scrivere quest’articolo abbiamo pensato che la sfida alla tenuta della famiglia, oggi, non si riferisce solo a quelle coppie unite in matrimonio sacramentale ma anche a tutte quelle che convivono o ad altre forme di unione. In passato eravamo in una società, che potremmo definire “solida”, nella quale tutti noi potevano aspirare al controllo del proprio futuro, sviluppando e perfezionando alcuni e importanti aspetti della vita. Guardando ciò che accade nella società contemporanea, ci viene da pensare ai pericoli della globalizzazione, in nome della quale si tende sempre più a svalutare gli interessi o le esigenze della comunità, con il prevalere di un individualismo devastante dove deve prevalere la propria personalità o la propria indipendenza.

Il famoso sociologo e filosofo polacco, Zygmunt Bauman, che ha analizzato profondamente quanto sta avvenendo, ha definito questa società post-moderna, “modernità liquida” o “società liquida”. Inoltre sia papa Benedetto XVI nell’enciclica Deus caritas est, sia papa Francesco nell’esortazione apostolica Amoris Laetitia (n. 39) hanno messo in evidenza i pericoli derivanti dalla “cultura del provvisorio” , costatando che l’uomo moderno vive in un stato di costante cambiamento e che l’unica certezza è l’incertezza. Per questo motivo nessuno vuole trascorrere la propria vita con il rischio di non cogliere tutte le opportunità che la stessa offre, in una costante rincorsa a esperienze sconosciute che appaiono appetibili. Inevitabilmente questo si riflette in una “instabilità affettiva” che si traduce in un costante pericolo per la tenuta della famiglia dove la relazione dovrebbe avere radici profonde e solide, come una casa fondata sulla roccia. Ora invece tutto cambia rapidamente, gli oggetti si usano e si gettano, si sfruttano finché servono e si va oltre. Come avviene tra l’altro nelle reti sociali nelle quali ci si connette e disconnette rapidamente, naturalmente non curanti delle conseguenze di chi ci sta intorno.

Per queste persone conviene scartare tutto ciò che impedisce la realizzazione dei propri desideri, dei propri sogni di libertà e salvaguardare cosi il proprio “tempo libero” che potrebbe essere tradotto con il mettere al centro il proprio “IO”. Il narcisismo rende tutti noi incapaci di accogliere gli altri e di guardare oltre noi stessi, con il solo obiettivo di soddisfare le proprie necessità, utilizzando gli altri per il proprio tornaconto. Questa logica, dove si sta insieme finché fa comodo, magari per timore di restare soli, per essere protetti o ricevere qualche servizio, vale, naturalmente, in senso inverso: chi utilizza gli altri prima o poi finisce per essere utilizzato, manipolato e abbandonato (cfr AL 39). Che tristezza e oseremmo dire che squallore! Qui si confonde l’aspirazione alla felicità con il piacere, l’opinione personale con la verità, le proprie idee col primato della realtà, il desiderio con la libertà.

Desiderio di libertà, aspirazione al piacere, non adesione alla “Verità”, il fuggire dalla proprie responsabilità portano alle crisi che ben conosciamo, e, di conseguenza, al traballare delle relazioni affettive, fenomeno che si sta diffondendo a macchia d’olio nella nostra società. Vediamo matrimoni o unioni che iniziano con tanto entusiasmo da parte dei due, ma che dopo poco tempo, magari pochi mesi, si sciolgono come neve al sole o comunque i rapporti si trascinano stancamente, finendo inesorabilmente con l’abbandono da parte di uno dei due. Non ci amiamo più, l’amore è finito, siamo caratterialmente differenti e incompatibili. Queste sono le più comuni motivazioni che vengono date dopo un fallimento matrimoniale o di una convivenza. Importante è vivere per noi stessi, egoisticamente, e al primo temporale cercare riparo, passando ad altre improbabili relazioni, in una costante ricerca della pace e di calore.

E se ci sono figli? Non importa. Si vedrà. Intanto questi piccoli sono trattati, talvolta, come pacchi postali, migranti da una casa all’altra. Privi di qualsiasi riferimento sicuro: tutto è un divenire. Come sarà per loro difficile comprendere com’è una vera famiglia, quando non hanno più un modello di famiglia alla quale ispirarsi? La nostra esperienza matrimoniale non è stata priva di prove, talvolta di periodi di scoraggiamento che potevano logorare il nostro legame. Abbiamo invece cercato sempre, coraggiosamente, la riconciliazione, il perdono, di trovare sempre punti di unione e mai di disgregazione. Con pazienza e, oseremmo dire, con tanta tenerezza, con l’aiuto del Signore, abbiamo rinvigorito il nostro legame affettivo giorno dopo giorno. Come dice Gesù: “senza di me non potete far nulla”. Noi lo abbiamo sperimentato e possiamo testimoniare la verità di queste parole. Abbiamo sempre avuto una guida pastorale per aiutarci nel nostro cammino, perché non dimentichiamolo mai che è in salita e non privo di ostacoli. Pertanto abbiamo bisogno dell’aiuto anche degli altri, di persone con le quali relazionarci e confrontarci, perché solo condividendo i pesi questi diventano più leggeri e ci rendono capaci di superare le difficoltà. In questo momento facciamo parte del “Gruppo Famiglie” della parrocchia, che ci arricchisce e ci dona quell’energia che ci rende forti e coraggiosi.

Noi tutti siamo i cristiani della speranza e non dobbiamo mai isolarci, né tantomeno lasciarci andare. Siamo quelli che vogliono lavorare per la costruzione del regno di Dio: rimbocchiamoci le maniche e, come ci esortava papa Giovanni Paolo II, “Damose da fa!, volemose bene!”.

A&M DM

da: Il Cenacolo del 1/2/2023