Coraggio, amico

Amico mio, deciditi e buttati,
mettiti insieme agli altri,
cammina con loro, senza paura.
Sulle strade accanto a te ci sono io.
Con il mio perdono.
Con al mia forza. Con la mia grazia.
Con la mia gioia.
Non ti tolgo dalle difficoltà.
Ti dò la forza per superarle
e la promessa di una vera vita.

Eccomi Signore, un nuovo giorno inizia ed io son qui che aspetto la tua Benedizione: sia su di me la tua grazia affinché io non tema nel cammino che debbo fare. Le mie mani siano operose e le mie labbra siano sempre pronte a ringraziarti: dammi Signore la forza per combattere la mia grande debolezza, quella di non essere mai troppo pronto a fare la tua volontà.

Signore che io non vacilli mai e se mai accadesse, Amami con un amore ancor più grande e cingimi del tuo abbraccio silenzioso.

Io mi ridesterò allora sicuro perché mai Tu permetterai che io mi senta abbandonato… portami dove vuoi ed io verrò con Te. Indicami Tu la via ed io la seguirò, ma entra su presto nel mio cuore perché è ora che io cominci il mio lavoro: sarà dolce e bello stare insieme, così non sarò mai solo. Fin dal mio risveglio ti ho cercato, Amato mio,
vieni presto a prendere il tuo posto in me, il mio cuore è tuo, mio Gesù.

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Maria Valtorta nacque a Caserta da genitori lombardi il 14 marzo 1897. Il padre, Giuseppe Valtorta, prestava servizio nel 19° Reggimento Cavalleggeri Guide con il grado di maresciallo capo armaiolo. Buono e remissivo, sarà l’educatore amoroso dell’unica figlia. La madre, Iside Fioravanzi, era stata insegnante di francese. Egoista e bisbetica, opprimerà il marito e la figlia con una severità irragionevole. Dopo aver rischiato di morire nel nascere, Maria fu affidata ad una balia di cattivi costumi. A soli diciotto mesi lasciò con i genitori la terra del Sud per andare a vivere a Faenza, in Romagna. I successivi trasferimenti a Milano e a Voghera segnarono le tappe più decisive della sua crescita fisica e della sua formazione culturale e religiosa, nella quale dette prova di temperamento, di spiccate capacità, di amore allo studio e di una profonda sensibilità spirituale. Completò gli studi nel prestigioso Collegio Bianconi di Monza, che fu il suo nido di pace per quattro anni, al termine dei quali, sedicenne, capì quale sarebbe stata la sua vita interiore nel piano di Dio. Nel 1913 suo padre si mise in pensione per motivi di salute e la famiglia andò ad abitare a Firenze, dove Maria coltivava gli interessi culturali uscendo spesso con il padre a visitare la città e, venuta la guerra mondiale, esercitava l’amore per il prossimo facendo l’infermiera volontaria nell’Ospedale Militare. Ma a Firenze fu anche segnata da durissime prove: la terribile mamma infranse per due volte il suo sogno di sposarsi e nel 1920 un sovversivo, per strada, le sferrò una mazzata alle reni predisponendola all’infermità. Fu allora che Maria ebbe la provvidenziale opportunità di trascorrere due anni a Reggio Calabria, ospite di parenti albergatori che con il loro affetto, unito alla bellezza naturale del luogo, contribuirono a ritemprarla nel fisico e nell’anima. Durante quella vacanza sentì nuove spinte verso una vita radicata in Cristo; ma il ritorno a Firenze, nel 1922, la risommerse nei ricordi amari. Nel 1924 i genitori acquistarono una casa a Viareggio, dove andarono a stabilirsi e dove ebbe inizio per Maria un’inarrestabile ascesi, che si esprimeva con propositi fermi e culminava in eroiche offerte di sé per amore a Dio e all’umanità. Nello stesso tempo ella si impegnava in parrocchia come delegata di cultura per le giovani di Azione Cattolica e teneva conferenze, che cominciarono ad essere seguite anche da non praticanti. Ma le era sempre più difficile muoversi. Il 4 gennaio 1933 uscì di casa per l’ultima volta, con estrema fatica, e dal 1° aprile 1934 non si levò più dal letto. ack; font-size: 13.5pt"> Il 24 maggio 1935 fu presa in casa una giovane rimasta orfana e sola, Marta Diciotti, che diventerà la sua assistente e confidente per tutto il resto della vita. Dopo un mese, il 30 giugno, moriva il padre amatissimo, e Maria fu sul punto di morirne per il dolore. La madre, che lei amò sempre per dovere naturale e con sentimento soprannaturale, morirà il 4 ottobre 1943 senza avere mai smesso di tormentare la figlia. Maria Valtorta, agli inizi del 1943, inferma già da nove anni, pensava di aver consumato ogni sacrificio e di essere prossima alla fine, quando Padre Migliorini, un religioso servita che da alcuni mesi la dirigeva spiritualmente, le chiese di scrivere le sue memorie. Dopo un’esitazione ella acconsentì e, stando seduta nel letto, riempì di suo pugno sette quaderni in meno di due mesi, non solo dando prova di grande talento come scrittrice, ma anche aprendo la sua anima in una confidenza senza veli. Si era come liberata del passato, affidato a quelle 760 pagine manoscritte consegnate al confessore, e si predisponeva con maggiore fiducia alla morte, quando una voce, già nota al suo spirito, le dettò una pagina di sapienza divina, che fu il segno di una svolta impensata. Era il 23 aprile 1943, venerdì santo. Maria continuò a scrivere, quasi ogni giorno fino al 1947, ad intermittenze negli anni successivi fino al 1951. I quaderni diventarono 122 (oltre ai 7 dell’Autobiografia e le pagine manoscritte circa quindicimila. La sua occupazione di scrittrice a tempo pieno non la estraniò dal mondo, di cui seguiva gli eventi attraverso il giornale e la radio. Neppure si sottraeva ai suoi doveri di cittadina, tanto che nelle elezioni politiche del 1948 si fece portare in ambulanza al seggio elettorale. Riceveva solo persone amiche e in seguito ebbe qualche visita di riguardo. Non trascurava la corrispondenza epistolare, che fu particolarmente fitta con una monaca di clausura, carmelitana, considerata come mamma spirituale. Pregava e soffriva ma procurava di non mostrarlo. Le sue orazioni erano di preferenza segrete e le sue estasi, rilevabili dagli scritti personali, non ebbero testimoni. Protetta da un aspetto sano, non lasciava trapelare i duri e continui patimenti, abbracciati con gioia spirituale per ansia di redimere. Chiese e ottenne la grazia di non portare impressi sul corpo i segni manifesti della sua partecipazione alla passione del Cristo.
L’opera maggiore di Maria Valtorta è pubblicata in dieci volumi sotto il titolo: L’Evangelo come mi è stato rivelato. Narra la nascita e l’infanzia della Vergine Maria e del figlio suo Gesù, i tre anni della vita pubblica di Gesù (che costituiscono il grosso dell’opera), la sua passione, morte, resurrezione e ascensione, i primordi della Chiesa e l’assunzione di Maria. Letterariamente elevata, l’opera descrive paesaggi, ambienti, persone, eventi, con la vivezza di una rappresentazione; delinea caratteri e situazioni con abilità introspettiva; espone gioie e drammi con il sentimento di chi vi partecipa realmente; informa su caratteristiche ambientali, usanze, riti, culture, con particolari ineccepibili. Attraverso l’avvincente racconto della vita terrena del Redentore, ricca di discorsi e di dialoghi, illustra tutta la dottrina del cristianesimo conforme all’ortodossia cattolica. Maria Valtorta stese quest’opera dal 1944 al 1947. Alcuni degli ultimi episodi sono del 1951. La intercalava con altri scritti, iniziati nel 1943 e proseguiti fino al 1950. Questi hanno dato corpo alle opere minori, che sono pubblicate in cinque volumi oltre a quello dell’Autobiografia. Tre volumi – I quaderni del 1943, I quaderni del 1944, I quaderni dal 1945 al 1950 – raccolgono una miscellanea di scritti su temi ascetici, biblici, dottrinali, di cronaca autobiografica, nonché descrizioni di scene evangeliche e di martirio dei primi cristiani. Un volume intitolato Libro di Azaria offre commenti ai testi (esclusi quelli del Vangelo) del messale festivo. L’ultimo volume è quello delle Lezioni sull’Epistola di Paolo ai Romani.