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INTRODUZIONE

 

Le antiche testimonianze ritengono come autore del quarto vangelo l'apostolo Giovanni, mai nominato nell'opera, ma identificato con il "discepolo che Gesù  amava". Egli partecipa al dramma della passione (13, 23; 19, 26.35; cf 18,15s), vede la tomba vuota (20,2s) e Gesù risuscitato (21,7.20-24), e forse è uno dei primi due che segue il Maestro come discepolo (1,35s) .

Condizioni, queste, richieste dagli Atti degli Apostoli (At 1,8) perché una testimonianza possa dirsi 'apostolica'.

 

Il vangelo sarebbe stato composto nella vecchiaia avanzata dell'apostolo, all'interno della comunità cristiana di Efeso. Ma ha inciso molto nella formazione del libro il lavoro di confronto fra le tradizioni risalenti alla vita di Gesù e gli stimoli della cultura del luogo. Così alcune difficoltà e anomalie presenti nel suo ordine di svolgimento sono dovute appunto al modo di composizione: una lenta elaborazione, con ritocchi e redazioni diverse di uno stesso insegnamento, con definitiva pubblicazione da parte dei discepoli dopo la morte di Giovanni (21,24).

 

Già nella prima metà del II secolo troviamo autori che lo utilizzano: sant'Ignazio di Antiochia, l'autore delle Odi di Salomone, Papia, s. Giustino... dimostrando di avere già un'autorità apostolica. Anche se è s. Ireneo a dare la prima testimonianza esplicita verso il 180: "In seguito anche Giovanni, il discepolo del Signore, lo stesso che riposò sul suo petto, ha pubblicato il vangelo durante il suo soggiorno a Efeso". Altre testimonianze formali sono di Clemente d'Alessandria, Tertulliano e il canone di Muratori.

CHI È GIOVANNI?

 

Il nome significa in ebraico "lahweh fa grazia": davvero appropriato! Il suo simbolo è l'aquila e Gv è l'abbreviazione per citare passi del suo vangelo, seguita dal capitolo e dai versetti di riferimento.

Giovanni è uno dei dodici apostoli e come tutti loro (eccetto il traditore) proviene dalla Galilea (forse da Betsaida lulia, a NE del lago di Tiberiade, patria di Pietro).

E’ figlio di Zebedeo e Salome (Mt 27, 56; Me 15, 40) e fratello di Giacomo il Maggiore (Mc 10,35).

Il padre ha una piccola industria di pesca, anche con dipendenti (Mc1,20); la madre è tra le donne che seguono e assistono Gesù e salgono poi sul Calvario, e forse è anche la 'sorella' (cugina) della Madre di Gesù (in Gv 19, 25 sono considerate quattro donne).

Non viene dalla scuola dei rabbini ed è quindi ritenuto "illetterato e popolano" (At 4,3), pur essendo benestante con conoscenze nelle alte sfere sacerdotali (Gv'18-15-16). Resta vergine (Girolamo, in PL, XXII, col. 1090; Agostino, ibid., XXXV col. 1976).

 

Già discepolo del Battista, viene da questi invitato a seguire Gesù "Agnello di Dio'-' (Gv 1,35-39): è tale l'impressione che ricorda esattamente l'ora: "Era circa l'ora decima". Lo segue insieme con Andrea, fratello di Pietro, e resta con lui "per quel giorno"; poi si unisce agli altri Apostoli insieme con il fratello Giacomo, quando Gesù lungo la riva: "Subito, lasciata la barca e il padre loro, lo seguirono" (Mt4,20).

 

Nell'elenco degli Apostoli è sempre tra i primi quattro, ha una speciale amicizia con Pietro (13,23s; 18,15; 20,3-10; 21,20-23) e soprattutto con Gesù tanto da chiamare se stesso"Il discepolo che Gesù prediligeva" (Gv 13, 23; 19,26; 20,2; 21, 7,20).

Con Pietro e il fratello Giacomo accompagna Gesù nelle ore più solenni: nell'episodio della figlia di Giairo (Mc 5,37), nella trasfigurazione (Mt 17, 1) e nell'agonia del Getsemani (Mt 26, 37); i medesimi tre, più Andrea, interrogano Gesù sulla preannunciata distruzione di Gerusalemme (Mc. 13,3); con Pietro è inviato a preparare la cena pasquale (Lc 22, 8) e durante la cena reclina il capo familiarmente sul petto di Gesù per chiedergli il nome del traditore: Gv 13,23-25. Poi segue Gesù nel processo (Gv 18,15) e, unico tra gli Apostoli, si trova ai piedi della croce, "vicino" a Maria (Gv 19,26), che le viene affidata da Gesù stesso e prende con sé (Gv 19,26 s.).

Dopo la risurrezione, va con Pietro al sepolcro vuoto (Gv 20,2.6-9) e primo degli apostoli "crede", mentre Pietro "tornò sui suoi passi, meravigliandosi del fatto" (Lc 24,12). È presente poi alle varie manifestazioni e istruzioni di Gesù risorto, con gli altri apostoli riceve la solenne missione apostolica (Mc 16,15 s) e la benedizione al momento dell'Ascensione.

È con Pietro quando questi compie il primo miracolo dello storpio, (At 3,1-8) e tiene un grande discorso al popolo, con lui è catturato dal Sinedrio, alle cui minacce si ribellano con fermezza (At 4,19 s). Ancora con Pietro è nuovamente incarcerato (At 5,18) e poi è flagellato in nome di Gesù (vv. 40 s), ma poi riprende la missione (v. 42). Con Pietro va in Samaria a consolidare la fede già diffusasi per opera di Filippo (At 8,14) e verso l'anno 53 viene qualificato da s. Paolo, insieme a "Giacomo e Cefa", tra le "colonne" (Gai 2,9).

Dopo pochi anni lascia definitivamente Gerusalemme, come risulta dal fatto che s. Paolo nella quinta visita alla città santa dal giorno della sua conversione, a conclusione del terzo viaggio apostolico (57), non vi trova che Giacomo il Minore.

 

Secondo l'antica tradizione Giovanni annunzia il Vangelo nell'Asia Minore, ove regge la Chiesa di Efeso e le altre comunità cristiane. Anche se non subisce il martirio come il fratello, adempie la profezia di Gesù di imitarlo nella passione (Mc 10, 39), subendo la persecuzione di Domiziano verso il 95: si narra che a Roma, probabilmente dopo una flagellazione, viene immerso in un calderone di olio bollente, che non gli reca alcun male, anzi, secondo un autore "l'olio bollente si mutò in rugiada celeste e Giovanni usci dalla caldaia più fresco, più vigoroso di quel che vi era entrato". Ai pagani sembra il risultato di un potere magico, analogo a quello di Apollonio di Tiana.

Accusato pertanto di magia, Giovanni viene esiliato a Patmos (isola delle Sporadi, a circa settanta km. da Efeso) "a causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù" (Ap 1,9).

Dopo la morte dell'imperatore, sotto Nerva (96-98), torna ad Efeso, dove, secondo una leggenda, il sommo sacerdote del tempio di Diana gli fa bere una coppa avvelenata che avrebbe fulminato due malfattori, ma Giovanni, fatto su di essa un segno di croce, ne beve il contenuto senza subirne alcun disturbo.

 

 

Muore nella stessa città sotto Traiano forse nel 104, ultra centenario.

L'apostolo più giovane è rimasto anche il più longevo: all'ardore della giovinezza (così caldo e irruente da essere chiamato insieme al fratello "figlio del tuono", in aramaico Boanerghes, Mc 3,17) sa unire poi la saggezza della sua alta meditazione dottrinale e della sua guida apostolica.

Non fa meraviglia quindi che Giovanni abbia un prestigio enorme in Oriente. Nel Mediterraneo orientale, il suo culto ha per centro principale Efeso e l'isola di Patmos. A Patmos, dove s. Cristodulo nel sec. XI fonda un monastero col nome di Giovanni, si mostra la grotta in cui l'apostolo ricevette le rivelazioni e avrebbe scritto l'Apocalisse, la pietra concava, cinta d'un nimbo d'argento, che gli serviva da cuscino e infine la rupe da cui avrebbe precipitato in mare il falso sacerdote Kinops.

E ad Efeso è stata scoperta una magnifica basilica dei secoli V e VI edificata sul sepolcro di Giovanni.

 

In Occidente il culto del santo si sviluppa a Roma dove a Porta Latina sarebbe stato immerso nell'olio bollente. E viene eretto un oratorio sul luogo del supplizio, sotto il titolo di S. Giovanni in Oleo, chiesa ricostruita da papa Adriano I nel 772.

Ma la chiesa principale costruita in suo onore a Roma è la basilica di S. Giovanni in Laterano. Poi, tra le altre chiese a lui dedicate ricordiamo in Italia, quelle di Bologna (S. Giovanni in Monte), Pistoia (S. Giovanni Evangelista), Forcivita, Parma e Ravenna; in Francia, la cattedrale di Besançon, la chiesa di Bar-le-Régulier (Cote-d'Or); in Spagna, S. Juan delos Reves a Toledo; in Germania, la cattedrale di Magdeburgo; in Olanda, quella di Bois-le-Duc. In Inghilterra il suo culto è diffuso da s. Edoardo confessore.

 

La festa ricorre il 27-dicembre. Quella del 6 maggio, ricordata per la prima volta verso il 780, forse è dovuta alla dedicazione della chiesa in memoria del supplizio di Giovanni a Porta Latina, allora ricostruita.

 

Come autore del Vangelo, delle Lettere e forse dell'Apocalisse, Giovanni è il patrono designato dei teologi e degli scrittori. Per il suo presunto supplizio con olio bollente a Porta Latina è ritenuto patrono di corporazioni, quali armaioli, fabbricanti di candele, proprietari di mulini a olio, stampatori, librai, rilegatori, cartolai, copisti di manoscritti, incisori in rame, dei bottai. E sempre per le stesse ragioni è invocato anche contro le bruciature. Inoltre, poiché a Giovanni fu affidato la Vergine Madre Maria; è invocato come protettore anche delle vergini e delle vedove.

 

Quanto all'Iconografia, vasta è la rappresentazione artistica di Giovanni, desunta per lo più dalla vita e dalla leggenda. Dagli affreschi dell’ VIII sec. in S. Maria Antiqua, che ricordano le pitture murali di Siria, Egitto e Costantinopoli, ai mosaici di S. Sofia della stessa Costantinopoli; dal Battistero degli Ortodossi e di S. Vitale a Ravenna, ai mosaici del Torriti in S. Giovanni in Laterano (1291), a quelli di S. Maria Maggiore, fino alle rappresentazioni romaniche, gotiche e rinascimentali delle scene evangeliche, comuni all'arte orientale ed occidentale, ritroviamo Giovanni come "uno dei Dodici ", rappresentato in età giovanile o matura, imberbe o barbato.

Ma, oltre alla presenza insieme con gli altri Apostoli ed Evangelisti (come nei mosaici di Dafni dell'XI sec., nei mosaici di S. Marco a Venezia, nella scena della cattura di Gesù del convento Varlaam delle Meteore e nel Vatopedi dell'Athos del sec. XV, nell'affresco della Via al Calvario attribuito alla scuola di P. Lorenzetti, nella chiesa inferiore di Assisi del sec. XIII e nella cattura del Cristo di Duccio da Boninsegna nel Museo dell'Opera del Duomo di Siena, sec. XIII), due sono i momenti più importanti: la partecipazione all'ultima Cena e la presenza ai piedi della Croce (è chino sul petto del Maestro nell'affresco del Protaton dell'Athos del XIV sec. e in quello del Chilandari. Bellissimo appare poi nelle raffigurazioni occidentali, come in quella di Andrea del Castagno per il convento di S. Apollonia e del Ghirlandaio nelle Cene di Ognisanti a Firenze, diAndrea del Sarto, e la famosa Cena di Leonardo da Vinci).

 

Infine, la Crocifissione segna il culmine anche della vita di Giovanni: egli è presente ai piedi della croce insieme con la Vergine, a rappresentare l'umanità dolente e redenta. E continuerà ancora ad essere presente nei secoli che verranno.

 

PER CHI SCRIVE GIOVANNI?

 

Al tempo di Giovanni l'annuncio evangelico stava passando dal mondo semitico a quello ellenistico, con il conseguente confronto di idee presenti specialmente nell'Asia Minore (area culturale di Efeso, attuale Turchia occidentale). Per queste nuove esigenze il quarto vangelo, chiamato 'spirituale' nell'antichità, cerca di rispondere presentando in modo nuovo i ricordi della vita di Gesù, del quale nessuno sforzo intellettuale esaurisce il mistero e nessuna forza avversa può impedire l'influsso salvifico.

 

COSA SCRIVE GIOVANNI?

 

Il racconto, introdotto da un prologo, si conclude con l'ultima apparizione di Gesù al lago di Tiberiade. La parte centrale presenta due parti principali: dalla prima Pasqua agli episodi successivi alla risurrezione di Lazzaro (1,19-12,50 - accentuando le feste dei Giudei, i miracoli e gli insegnamenti) e dall'ultima cena alle apparizioni del Risorto ai discepoli (13,1-20,31 ), evidenziando il passaggio dalla Pasqua giudaica alla Pasqua di Gesù.

 

Nei 21 capitoli si può ravvisare questo schema:

 

v     Prologo                                                            1,1-18

v     Prima Pasqua                                                1,19- 4,54

v     Una festa dei Giudei                                      5,1 - 47

v     Seconda Pasqua                                           6,1 - 71

v     Festa delle Capanne                             7,1 -10,21

v     Feste Dedicazione del Tempio                    10,22 -11,57

v     Ultima Pasqua                                                12,1 - 50

v     Cena e addio al discepoli                             13,1 -17,26

v     Passione, morte e risurrezione                   18,1 - 20,31

v     Altri racconti pasquali                                   21,1 - 25

 

Giovanni coincide con Mt, Mc e Lc in punti importanti (come l'Inizio presso il Battista, la presenza del discepoli, l'attività taumaturgica, l'Insegnamento con autorità, la condanna a morte, la crocifissione e la risurrezione di Gesù), ma ha pure dei punti di diversità; il periodo dell'attività pubblica di Gesù dura oltre due anni e non solo uno; i suoi spostamenti dalla Galilea a Gerusalemme avvengono non una, ma più volte; eccetto quelli del cap. 6, i miracoli narrati sono diversi; l'insegnamento insiste sulla missione di Gesù, la sua preesistenza e unione con il Padre, e presenta in modo diverso il mistero della Chiesa e delle ‘ ultime cose ’.

Diversità spiegabile forse all'esperienza personale di Giovanni e alla situazione del lettori.

Giovanni mostra di conoscere già il racconto dei Sinottici, per cui o completa la loro tradizione o narra fatti inediti, perché certamente è uno storico scrupoloso, un testimone autonomo e originale della tradizione primitiva.

Le sue indicazioni e i suoi particolari concreti denotano la perfetta conoscenza del costumi religiosi giudaici, della mentalità giudaica con la casistica corrente. Giovanni mette in luce il senso della vita, delle parole e delle opere di Gesù.

 

Le sue parole e gli avvenimenti vissuti hanno un significato spirituale che viene compreso bene solo dopo la glorificazione (2,19.22; 12,16; 13,7) e la discesa dello Spirito Santo, che verso i discepoli ha il compito di "condurli alla verità tutta intera" (cf 14,26). Ma la persona di Gesù, anche se trascendente, rimane profondamente umana e vera, umile e semplice anche nelle scene più gloriose. Ci sorprende in Gesù la prima cacciata dei mercanti dal tempio (Gv 2,15), il sedersi stanco (4,6), II proclamarsi uomo (8,40), lo sputare (9,6), il piangere per Lazzaro (11,33), il turbarsi durante l'ultimo discorso nel tempio come il sudore al Getsemani (12,27), la sete sulla croce (19, 28), il costato squarciato (19, 34). È una sorpresa benefica, che lo rende più vicino alla nostra umanità.

 

Molto più del Sinottici, il quarto vangelo porta una impronta cultuale e sacramentaria, inserendosi nel quadro della vita liturgica giudaica: Gesù fa importanti discorsi e compie miracoli in occasione delle feste e spesso nel tempio, pone se stesso al centro di una religione rinnovata "in spirito e verità" (4,24), espressa e attualizzata mediante i sacramenti. Elementi di catechesi battesimale troviamo nel colloquio con Nicodemo (3,1 -21 ), e l'idea di battesimo come illuminazione (9,1.39) o come risurrezione (5,1-14; 7,21-24) riscontriamo nell'episodio del cieco nato e del paralitico. Se il capitolo 6 riporta insegnamenti eucaristici, tutto il vangelo o pervaso dal mistero pasquale cristiano che sostituisce l'antica pasqua, mentre la purificazione mediante la Parola (15,3) e lo Spirito (20,22s) sostituisce i riti giudaici di purificazione (2,6; 3,25), L'insieme evidenzia che Gesù mette fine alle istituzioni giudaiche compiendole.

 

Il quarto vangelo è complesso, ma è il punto di arrivo dello sforzo di capire il mistero di Cristo. Ed è il mistero dell'incarnazione a guidare tutto il pensiero di Giovanni: Gesù è il Verbo fatto carne, che viene a dare la vita agli uomini (1,14), è testimone di tutto ciò che ha udito presso il Padre (cf 3,11) e la sua missione viene accreditata con opere, 'segni', che superano le possibilità umane e manifestano la sua gloria, pienamente palese nella passione e risurrezione (la sua 'ora').

Davanti al Verbo fatto carne si compie il "giudizio del mondo" (12,31-32), la sua condanna e la sua sconfitta (16,7-11.33). Il trionfo di Dio sul male e la salvezza del mondo sono compiuti con la risurrezione gloriosa; il ritorno di Gesù Cristo nell'ultimo giorno sarà solo un completamento, Mistico sublime e teologo altissimo (dal Greci è chiamato "teologo" per eccellenza), Giovanni presenta Gesù come Vangelo delle antitesi; della Luce contro le tenebre, della Verità ("lo sono la via e la verità e la vita ", 14,6) contro la menzogna e della Carità contro l'odio.

 

Non si concepisce una verità senza carità e viceversa, come non ci può essere libertà senza verità: "lo per questo sono nato e per questo sono venuto al mondo, per dare testimonianza alla verità" (18,37) e "la verità vi farà liberi" (8,32).

Il tutto poi è scritto " affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio" (Gv 20,31).

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